27.05.2025

È legittima la registrazione di una conversazione tra colleghi senza consenso, se effettuata per tutelarsi in giudizio. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 5844 del 5 marzo 2025, estendendo ai procedimenti disciplinari e deontologici un principio già affermato nel diritto del lavoro.

Il caso riguardava un medico sanzionato dall'Ordine per aver registrato un colloquio con un collega, successivamente usato come prova in un procedimento penale. Secondo l'organo disciplinare, la registrazione violava i doveri deontologici e il Regolamento (UE) 2016/679 (GDPR), per assenza di consenso.

La Cassazione ha ribaltato il verdetto, affermando che, se la registrazione è finalizzata all'esercizio del diritto di difesa, non serve il consenso dell'interlocutore: si tratta di un trattamento lecito di dati personali, come previsto dall'art. 9, comma 2, lettera f, del GDPR.


🔍 Quando è lecita la registrazione?

  • Quando chi registra è parte della conversazione;

  • Quando serve a precostituire una prova per tutelarsi in un processo;

  • Quando è necessaria e proporzionata rispetto allo scopo difensivo.


⚖️ Perché è importante per i professionisti?

Questa pronuncia rafforza la tutela di lavoratori, medici, avvocati e professionisti, che spesso si trovano a dover dimostrare fatti accaduti in contesti informali. La registrazione può costituire un mezzo di prova legittimo, purché usato con consapevolezza e nel rispetto delle regole.

🚫 Restano invece illegittime le registrazioni di conversazioni tra terzi, cioè quando chi registra non è parte del dialogo: in quel caso si rischia una violazione della legge, sia sul piano civile che penale.


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